Viadeicontrabbandieri e l’etichetta “bio”
Avete presente quelle parole di cui la gente si riempie la bocca, generalmente senza conoscerne il significato?
Tipo resilienza, per fare un esempio semplice.
Ebbene, il termine “biologico” , in riferimento alle produzioni alimentari ed agricole in generale, appartiene indubbiamente a questa categoria.
Vediamo quindi di fare un po’ di chiarezza.
Cosa intendiamo noi di Viadeicontrabbandieri quando diciamo di praticare una agricoltura biologica?
Che non usiamo prodotti chimici (altra parola usata generalmente a sproposito)?
Beh, certo, se con questo intendiamo pesticidi, diserbanti e concimi di sintesi, non ne abbiamo mai impiegati e mai lo faremo.
Ma questo non basta a rendere un’Azienda “Biologica”
Da un punto di vista normativo l’impiego del termine per fini commerciali è strettamente vincolato ad un sistema di controllo che coinvolge tutto il processo produttivo.
I campi vengono controllati con un’ispezione annuale e con analisi del terreno da un organo di controllo accreditato dal MIPAAF e pagato dal produttore. Questo certifica che il prodotto agricolo primario (quindi il grano, le olive, gli ortaggi etc.) è biologico.
Ma se vogliamo che sia biologico anche il prodotto finale (quindi le farine, la pasta, i biscotti, l’olio etc.) devono essere certificati come tali anche gli impianti di trasformazione: mulino, forno, frantoio etc. Devono cioè lavorare esclusivamente prodotti da agricoltura biologica o avere una linea di produzione completamente dedicata allo scopo. Anche per loro, ci sarà un organo di controllo accreditato che vigilerà che non vi siano possibilità di commistione tra prodotti biologici e non biologici,. Ci saranno spese, adempimenti, lavoro.
E quando si è venuti a capo di tutto questo, bisogna farsi autorizzare l’etichetta finale, quella che riporta la famosa fogliolina, ovvero il logo della certificazione biologica riportante il codice dell’organo di controllo.
Costruire una filiera biologica articolata non è, dunque, impresa di poco conto e accade spesso che una piccola azienda agricola sia certificata ma, paradossalmente, non lo sia il prodotto che vende, anche quando ha superato trascorso il cosiddetto “periodo di conversione” .
Noi ci abbiamo messo un po’, ma alla fine siamo riusciti ad avere la nostra prima “fogliolina”, quella dell’olio e.v.o.
Presto, anche sull’etichetta della nostra pasta e farina vedrete il logo del bio, mentre per taralli e biscotti ci vorrà un po’ di tempo, ma arriverà anche per loro.
Parleremo ancora di bio, perché ci sono tante cose da dire. Alla prossima.
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